Una delle caratteristiche peculiari della società attuale è l’iper-connessione. L’avvento di quella che è stata non a torto definita platform society ha generato una nuova semiosfera, in cui la catena del passaparola è potenzialmente ininterrotta e always-on, e i cui gangli sono sempre, direttamente o indirettamente, resi manifesti. Uno scenario, come si va osservando da qualche anno ormai, gravido di rischi e di opportunità per gli agenti politici, istituzionali ed economici. La ricerca applicata a questi àmbiti deve dotarsi degli strumenti e delle competenze adeguate per supportare i decision-makers in un simile contesto.
Quella ridefinita dall’avvento delle piattaforme è una “personally mediated society”, si è detto. L’intreccio tra modalità di comunicazione broadcast e personalizzate ha trasformato alla radice l’offerta e il consumo di contenuti, in tutte le arene e in tutte le tappe del funnel. I contenuti broadcast (tv, per esempio) sono ininterrottamente interpretati dai prosumer e fruiti da platee fluide (sui social network, per esempio). Questa dinamica genera degli effetti ovvi sulla composizione delle audience e retroagisce sulla stessa immagine di chi quei contenuti broadcast li produce. Per mappare questa realtà magmatica è dunque necessaria una osservazione always-on dei contesti in cui i contenuti vengono prodotti e “consumati”. La raccolta delle ricezioni è funzionale all’analisi formale del dato semio-linguistico che supporta l’interpretazione dei significati che i contenuti assumono per le varie communities. Perché, come si sa da tempo, nell’attuale semiosfera, dove vi è offerta e dove vi è consumo vi è in primo luogo offerta e consumo di senso.
L’esito e al contempo il carburante della “personally mediated society” sono i dati. I dati sono tracce: discorsi e comportamenti generati dalle persone nel loro interagire quotidiano. Questa enorme, ma di volta in volta mappabile, realtà semio-linguistica, va analizzata e interpretata, per essere compresa e generare valore presente (insights) e futuro (foresights).
Il modo per farlo è adottare una visione olistica omnicanale, la total intelligence, e mettere le attività di audience, content, media e social intelligence al servizio della detection, dell’analisi semantica e dell’interpretazione delle opinioni, dei desideri, delle emozioni e dei comportamenti delle persone in contesti mediali e non. Un rationale che trova ricetto in un design della ricerca che ha questo scheletro.
(1) Ascolto puntuale (per keywords) dei legacy media (tv, radio e quotidiani) e dei social network.
(2) Osservazione puntuale e ascolto estensivo (per time-frame) dei canali digital aziendali o personali.
(3) Analisi comparata quantitativa dei dati estratti nelle varie arene.
(4) Analisi semantica formale del dato semio-linguistico.
(5) Produzione di insights data-informed.
Il conoscere e l’interpretare il funzionamento dei contenuti nei vari contesti, la loro ricezione/performance sia qualitativa che quantitativa, la struttura delle audience/communities, l’identificazione di cluster tematici, socio-semiotici, psico-semiotici, la definizione della personalità semiotica context-chained degli agenti, genera preziosi output per gli agenti politici, economici, e istituzionali:
• supporta le attività di pianificazione strategica,
• identifica e supporta la progettazione del posizionamento valoriale o reputazionale,
• identifica e supporta le attività di framing (semantizzazione e risemantizzazione),
• supporta e orienta le attività di media buying e di time selling content driven,
• supporta le attività di branding o la valorizzazione del prodotto,
• fornisce analisi predittive data-informed.